lunedì 23 novembre 2009

Nuovo welfare e rilancio della ricerca e dell'università per uscire dalla crisi



Venerdì 20 novembre 2009 a La Sapienza studenti e precari dell'univeristà e della scuola si sono riuniti in assemblea nazionale.
L'Onda è, dunque, ripartita con nuovi temi - più ricerca e formazione per uscire dalla crisi, nuovo welfare, difesa dell'univeristà come spazio di democrazia - e vecchi problemi: i tagli del Governo già in atto, il silenzio dell'opposizione.

Roma La Sapienza 20 Novembre 2009 - Appello dell'Assemblea Nazionale dei precari e degli studenti universitari

Oggi 20 Novembre una grande assemblea di precari e di studenti, provenienti da tutta Italia, si è riunita alla Sapienza per rilanciare – a partire dalle molteplici iniziative di lotta organizzate in questi mesi nei vari atenei e scuole – un percorso ampio di mobilitazione che rimetta al centro la lotta contro il progetto di dismissione dell’università e che rivendichi un nuovo sistema di garanzie sociali all’altezza delle sfide poste dall’attuale mondo del lavoro. Ad un anno di distanza dall’esplosione dell’Onda, siamo ancora fermi nel nostro rifiuto della crisi economica: noi la crisi non la paghiamo, vogliamo fin da subito riappropriarci del nostro futuro e dellaricchezza sociale che ci viene quotidianamente sottratta.

Per queste ragioni chiediamo, in primo luogo, il ritiro immediato del DDL Gelmini – presentato mediaticamente come disegno “innovativo” di riforma dell’Università – che rappresenta palesemente un progetto di riproposizione e cristallizzazione di tutti gli elementi negativi del sistema universitario, denunciati più volte dal movimento dell’Onda:

- non risolve in nessun modo il problema della precarietà né del ricambio generazionale – come propagandato dal Governo – aumentando, invece, il fossato tra tutelati e non tutelati, tra chi è dentro e chi è fuori dal sistema di garanzie sociali;

- non interviene sulla governance degli atenei per innovarla, ma per chiudere i già irrisori spazi di democrazia e partecipazione delle differenti componenti accademiche e consolidare e rafforzare il potere delle corporazioni responsabili del fallimento dell’università pubblica negli ultimi 30 anni;

- indebolisce ulteriormente il diritto allo studio, chiedendo agli studenti di indebitarsi “all’americana” attraverso lo strumento del prestito d’onore, mentre la crisi globale – che mostra il fallimento di un sistema fondato sull’indebitamento – richiederebbe una netta inversione di tendenza e di maggiori investimenti per garantire a tutti l’accesso ai livelli più alti dell’istruzione superiore;

- completa il processo di de-strutturazione e riduzione dell’Università pubblica prefigurando, quindi, un’università complessivamente più piccola, che non risponde alla domanda di maggiore conoscenza e competenze che il nostro paese dovrebbe considerare centrale per le proprie politiche di sviluppo; con l’entrata dei privati negli organi di governo si regalano gli atenei ai poteri locali, senza che questi diano nessun contributo alla crescita dell’università;

- restituisce alle lobby accademiche il controllo sui concorsi, senza incidere sulle pratiche clientelari e mettendo in competizione i precari e gli attuali ricercatori; servirebbe, invece, un piano straordinario di reclutamento, con un numero consistente di concorsi che diano opportunità reali a chi garantisce il funzionamento quotidiano della didattica e della ricerca nei nostri atenei;

- nasconde il progetto di smantellamento selettivo dell’università dietro il paravento della valutazione dei meriti individuali; tuttavia, non si può far finta di non sapere che precarietà e ricattabilità rendono impossibile una valutazione trasparente delle capacità delle persone; la valorizzazione del merito non può prescindere da un serio investimento (anche e soprattutto economico) sulla qualità della didattica e della ricerca e sulla garanzia di autonomia sociale di chi studia, di chi insegna e di chi fa ricerca nelle università. In assenza di tali garanzie, nel contesto Italiano, l’insistenza da parte governativa sul merito si risolve in uno strumento di ulteriore ricatto per i precari. La retorica dell’efficienza e della meritocrazia altro non è che uno strumento per dequalificare ulteriormente il sapere, per stratificare e declassare la forza lavoro.
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